Dott.ssa Anna Mezzena
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA
L'istante in cui le persone contattano uno psicoterapeuta è un momento prezioso, che va colto e accolto nel migliore dei modi perché è qui che inizia la terapia e il rapporto tra paziente e terapeuta. Per questo, quando vengo contattata, mi impegno sempre per dare appuntamento nei giorni seguenti, in quanto mi rendo conto dell'importanza che può avere il fattore tempo in chi cerca una soluzione.
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COSA SUCCEDE DURANTE IL PRIMO INCONTRO?
Durante il primo colloquio ci si conosce vicendevolmente. Per la buona riuscita della terapia è fondamentale una buona alleanza terapeutica ed è quindi corretto che entrambe le parti sentano se c'è un buon feeling e se ci sono i presupposti per lavorare bene assieme. Ogni tanto succede che le persone che iniziano un percorso di terapia si vergognino perché "dovrebbero essere in grado di trovare delle soluzioni da sole". La verità invece è che saper chiedere aiuto è una risorsa preziosa e che va incoraggiata, e le persone che ne sono capaci sono coraggiose e forti. Mi piace sempre ricordare che una situazione di sofferenza è anche un’occasione, quando viene affrontata. E' l'occasione di stare meglio e di vivere in modo appagante.
Il paziente espone il motivo che lo ha portato in terapia e il terapeuta lo aiuta ponendo delle domande specifiche, in modo da circoscrivere bene il problema ed avere più informazioni possibili. E' la persona che viene in terapia ad essere l'esperta del disagio che sta vivendo, non il terapeuta! Nel primo colloquio chiarisco alcune questioni pratiche (durata, frequenza, costo, impegno richiesto, privacy, ... ) e spiego qual è il mio modo di lavorare: l'approccio terapeutico e le tecniche che uso.
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QUAL E' IL MIO APPROCCIO TERAPEUTICO DI RIFERIMENTO?
E' quello COGNITIVO-COMPORTAMENTALE, secondo cui il disagio emotivo ha origine e si mantiene a causa dei pensieri disfunzionali. Gli eventi influenzano sicuramente le emozioni, ma sono i pensieri che ne determinano l'intensità e la durata. Questi pensieri sono automatici, sono credenze disfunzionali e distorsioni cognitive che abbiamo acquisito durante la nostra storia di vita. Arrivano infatti dal passato e sono diventati il modo che abbiamo di "leggere" tutte le situazioni (un esempio di pensiero disfunzionale potrebbe essere: non posso fidarmi di nessuno). E' per questo che una parte della terapia è volta a conoscere la storia e il funzionamento della persona: è importante capire in che situazioni abbiamo appreso determinate credenze (nell'esempio fatto sopra, una persona potrebbe aver imparato che quando ci si fida degli altri, inevitabilmente se ne resta delusi, dunque, per non soffrire inutilmente, meglio dubitare di chiunque. Potrebbe aver avuto varie esperienze di tradimenti dolorosi: la separazione tra mamma e papà, un litigio con l'amico del cuore, una maestra che non ha mantenuto la parola data, un collega di lavoro approfittatore, e così via).
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COME FUNZIONA LA PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE?
Si propone di individuare i pensieri ricorrenti automatici e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà, e di sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali. In questo modo si interrompono i circoli viziosi causati dagli stessi pensieri e si possono sperimentare nuove modalità di comportamento.
Le caratteristiche della psicoterapia cognitivo-comportamentale sono le seguenti:
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è pratica e concreta: lo scopo è quello di trovare una soluzione ai problemi psicologici concreti portati dal paziente;
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è centrata sul “qui ed ora”: si parte dal presente e ci si concentra sull'attivare le attuali risorse del paziente per aiutarlo a liberarsi dal problema;
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è a breve termine rispetto ad altri tipi di psicoterapia: nei casi più comuni, viene richiesto un impegno settimanale per 9-12 mesi;
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è orientata allo scopo: terapeuta e paziente lavorano assieme per stabilire gli obiettivi della terapia, che possono essere rivisti e adattati nel corso del trattamento;
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è attiva e collaborativa: paziente e terapeuta hanno entrambi un ruolo attivo e lavorano assieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il paziente alla risoluzione dei propri problemi. Il paziente lavora anche al di fuori della seduta terapeutica, svolgendo i "compiti" (homework) che gli vengono assegnati di volta in volta. Il terapeuta spiega il funzionamento dei processi mentali e della connessione tra pensiero-emozione-comportamento, proponendo spunti di psicoeducazione;
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è scientificamente fondata: ha un approccio terapeutico che si basa su un solido modello scientifico (evidence based). E' stata testata in studi scientifici controllati dotati della stessa rigorosità di quelli effettuati per le terapie farmacologiche.
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COSA SUCCEDE DOPO IL PRIMO INCONTRO?
Il periodo di conoscenza (assessment) dura all'incirca 3 incontri, durante i quali lo strumento d'elezione è sempre il colloquio clinico, che può essere affiancato dalla somministrazione di qualche test. Al termine di questa fase, faccio una restituzione al paziente, ovvero gli espongo quello che ho notato nei nostri primi incontri (problema circoscritto e problematiche più generali, funzionamento della persona, circoli viziosi, punti di forza, ...) e soprattutto come possiamo affrontare assieme la situazione. E' la fase della pianificazione del trattamento, in cui si stabiliscono gli obiettivi a breve e a lungo termine e come raggiungerli. E' compito del terapeuta decidere che tipo di percorso attivare; in ogni caso, la durata del trattamento, essendo specifica per ogni persona, è sempre variabile.
Solitamente lavoro su due piani: una parte dell'incontro è dedicata al presente, e quindi alla problematica per cui il paziente è arrivato in terapia. Si fa assieme il punto della situazione, valutando i cambiamenti avvenuti tra una seduta e l'altra e che riguardano l'andamento dei sintomi, le riflessioni e i pensieri, le emozioni provate, la presenza di eventuali situazioni da considerare. Si valutano gli eventuali homework assegnati. C'è poi lo spazio dedicato alle connessioni col passato: in che modo sono connesse le situazioni attuali e la storia di vita del paziente? Dove si sono apprese determinate modalità di pensiero? Da cosa ci proteggevano i nostri comportamenti (esempio non fidarsi delle persone)? E perché ora non funzionano più? Tutte queste riflessioni sono fondamentali se vogliamo che il cambiamento portato dalla psicoterapia non riguardi solo il sintomo portato, ma riguardi gli aspetti più profondi della persona.
Oltre alle tecniche cognitive e comportamentali, in base alle caratteristiche della persona e della sua problematica, posso proporre anche esercizi di mindfulness e le tecniche EMDR.
Durante la terapia, il paziente è sempre a conoscenza di quello che sta succedendo e può chiedere informazioni sull'andamento ogni volta che desidera.